Il 19 giugno 2025 gli studenti del liceo classico hanno affrontato la seconda prova: la versione di latino con cui si sono dovuti cimentare è un brano di Cicerone tratto dal dialogo Laelius de amicitia.

Ecco di seguito la traccia e lo svolgimento della prova.

La vera natura dell’amicizia (Cicerone)

Nel dialogo Laelius de amicitia, composto nel 44 a.C. ma ambientato nel 129 a.C., Cicerone descrive con accenti accorati l’amicizia tra due esponenti di primo piano della classe politica romana dell’epoca, Gaio Lelio e Scipione Emiliano, da poco scomparso. L’occasione è propizia per riflettere – è Lelio che parla, nel brano qui proposto – sul senso di questo vincolo, che si genera naturalmente nell’animo umano e risulta essenziale per rinsaldare i legami che sono alla base della convivenza civile.

PRIMA PARTE: traduzione di un testo in lingua latina

PRE-TESTO

Saepissime igitur mihi de amicitia cogitanti maxime illud considerandum videri solet, utrum propter imbecillitatem atque inopiam desiderata sit amicitia, ut dandis recipiendisque meritis, quod quisque minus per se ipse posset, id acciperet ab alio vicissimque redderet, an esset hoc quidem proprium amicitiae, sed antiquior et pulchrior et magis a natura ipsa profecta alia causa.

Molto spesso, quando rifletto sull’amicizia, mi sembra che si debba considerare prima d’ogni cosa questo: se l’amicizia sia desiderata per la debolezza nostra e la scarsezza dei nostri mezzi, cosicché, dando e ricevendo favori, ciò che uno da sé non potesse fare, lo ricevesse da un altro e a sua volta lo contraccambiasse; o questo, sì, sia il proprio dell’amicizia, ma la causa ne sia un’altra, più intima e più bella e più veramente naturale.

TESTO

Amor enim, ex quo amicitia nominata est, princeps est ad benevolentiam coniungendam. Nam utilitates quidem etiam ab eis percipiuntur saepe, qui simulatione amicitiae coluntur et observantur temporis causa. In amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium. Quapropter a natura mihi videtur potius quam ab indigentia orta amicitia, adplicatione magis animi cum quodam sensu amandi, quam cogitatione quantum illa res utilitatis esset habitura. Quod quidem quale sit, etiam in bestiis quibusdam animadverti potest, quae ex se natos ita amant ad quoddam tempus et ab eis ita amantur, ut facile earum sensus adpareat. Quod in homine multo est evidentius, primum ex ea caritate, quae est inter natos et parentes, quae dirimi nisi detestabili scelere non potest, deinde, cum similis sensus exstitit amoris, si aliquem nacti sumus, cuius cum moribus et natura congruamus, quod in eo quasi lumen aliquod probitatis et virtutis perspicere videamur. Nihil est enim virtute amabilius, nihil quod magis adliciat ad diligendum, quippe cum propter virtutem et probitatem etiam eos, quos numquam vidimus, quodam modo diligamus.

POST-TESTO

Quis est qui C. Fabrici, M’. Curi non cum caritate aliqua et benevolentia memoriam usurpet, quos numquam viderit? Quis autem est qui Tarquinium Superbum, qui Sp. Cassium, Sp. Maelium non oderit? Cum duobus ducibus de imperio in Italia est decertatum, Pyrrho et Hannibale. Ab altero propter probitatem eius non nimis alienos animos habemus; alterum propter crudelitatem semper haec civitas oderit.

Chi vi è che non ricordi Gaio Fabrizio e Manio Curiocon un certo sentimento affettuoso, pur non avendoli mai visti? Chi invece v’è che non odii Tarquinio il Superbo, chi non Spurio Cassio, chi non Spurio Melio2? Con due generali s’è combattuto in Italia per l’egemonia: Pirro e Annibale3; l’uno per la sua rettitudine non l’abbiamo in troppa avversione, l’altro per la sua crudeltà sempre questa città l’avrà in odio.

Cicerone, Laelius, de amicitia

Si riproduce il testo dell’ed. curata da R. Combès, Paris 1971 in Cicerone,L’amicizia, Milano, Rizzoli 1985 (1^), 2008 (21^) con traduzione di C. Saggio.

1 Gaio Fabrizio Luscino e Manio Curio Dentato furono consoli agli inizi del III secolo a.C., all’epoca della guerra contro Pirro: entrambi si segnalarono per rettitudine e onestà.

2 Tarquinio il Superbo fu l’ultimo re di Roma, espulso dalla città attorno al 509 a.C., quando la sollevazione guidata da Bruto e Collatino portò alla nascita della repubblica; Spurio Cassio Vecellino e Spurio Melio furono condannati a morte nel corso del V secolo a.C., con l’accusa di aspirare ad assumere il titolo regale.

3 Pirro, re dell’Epiro, giunse in Italia per appoggiare la città greca di Taranto contro Roma; vittorioso nelle prime battaglie, fu poi sconfitto a Benevento nel 275 a.C. e acquisì fama di generosità presso i Romani per aver liberato senza riscatto alcuni ostaggi dopo la battaglia di Ascoli Satriano. Annibale, il più celebre generale cartaginese, fu invece acerrimo nemico di Roma, definitivamente sconfitto da Scipione l’Africano a Zama nel 202 a.C.

SVOLGIMENTO PRIMA PARTE

L’amore, dal quale l’amicizia prende il nome, è in verità il primo motivo per stringere un legame d’affetto. Senza dubbio, infatti, si ottengono spesso vantaggi anche da coloro che vengono trattati con riguardo e onorati per opportunità, con una simulazione di amicizia. Nell’amicizia invece non c’è nulla di falso, nulla di simulato, e, qualsiasi cosa ci sia, è vera e spontanea. Perciò mi pare che l’amicizia sia nata più dalla natura che dal bisogno, più per una propensione dell’animo unita a un’inclinazione ad amare che per il calcolo di quanta utilità essa avrebbe avuto. E di che tipo sia questa propensione si può in effetti osservare anche in alcuni animali, che fino a un certo momento amano i propri piccoli e sono amati da loro a tal punto che il loro sentimento si rivela facilmente. E ciò è molto più evidente nell’uomo, innanzitutto per quell’affetto che c’è tra figli e genitori, che può essere spezzato solo da un crimine abominevole; inoltre nel momento in cui nasce un simile sentimento d’amore, se incontriamo qualcuno con il cui modo di vivere e con la cui indole siamo in sintonia, poiché ci sembra di scorgere in lui quasi una luce di onestà e virtù. Non c’è infatti nulla di più amabile della virtù, nulla che inviti di più ad amare, dal momento che proprio a causa della loro virtù e onestà amiamo in un certo qual modo anche coloro che non abbiamo mai visto. 

SECONDA PARTE: tre quesiti, a risposta aperta, relativi alla comprensione e interpretazione del brano, all’analisi linguistica, stilistica ed eventualmente retorica, all’approfondimento e alla riflessione personale. Il limite massimo di estensione è di 10-12 righe di foglio protocollo. Il candidato può altresì rispondere con uno scritto unitario, autonomamente organizzato nella forma del commento al testo, purché siano contenute al suo interno le risposte ai quesiti richiesti, non superando le 30-36 righe di foglio protocollo.

1) Comprensione/interpretazione

Nel testo proposto, Cicerone, per bocca di Lelio, offre argomenti per contrastare un’interpretazione utilitaristica dell’amicizia: si ripercorra il ragionamento, evidenziando, con motivato giudizio, le tappe che si ritengono più significative per il suo sviluppo.

2) Analisi linguistica e/o stilistica

Si individuino alcune delle soluzioni stilistiche e/o lessicali del testo che sembrano maggiormente contribuire a rendere lo spessore morale attribuito da Lelio all’amicizia, motivando le proprie scelte.

3) Approfondimento e riflessioni personali

A partire dall’antichità, la letteratura di ogni tempo immortala una nutrita galleria di personaggi legati da saldi vincoli di amicizia. Si scelgano uno o più esempi di quelli rimasti maggiormente impressi nella memoria, motivandone la scelta e traendone spunto per proporre considerazioni personali sull’importanza di questo sentimento.

SVOLGIMENTO SECONDA PARTE

1) Lelio (e quindi Cicerone) vuole dimostrare che, se l’amicizia consiste in un aiuto reciproco che gli amici si forniscono, tale aiuto non può essere però anche l’origine dell’amicizia stessa, la quale non nasce dal bisogno e dalla debolezza, ma piuttosto da una tendenza naturale della natura umana verso l’amore. L’amicizia vera si distingue dunque da quelle false, originate solo dall’interesse del momento: in essa non può esserci nulla di simulato e infatti l’affetto sul quale si fonda è così naturale e istintivo da potersi osservare anche negli animali. Esso è ancora più visibile nell’uomo, dove si esprime innanzitutto nei legami di affetto tra figli e genitori, tanto forti da poter essere spezzati solo da crimini orrendi commessi dagli uni o dagli altri. Un’altra prova dell’esistenza di una tendenza naturale verso l’amicizia è la simpatia che sorge, al di fuori dei vincoli di parentela, nei confronti di persone sconosciute, alle quali ci unisce un’istintiva affinità caratteriale. In queste persone vediamo l’onestà e la virtù, due qualità che ci spingono immediatamente ad amarle. Allo stesso modo, infatti, proviamo un senso di affetto e di stima, o viceversa di odio e di avversione, anche per chi non abbiamo mai conosciuto, come i celebri personaggi storici citati nel post-testo, proprio in base al fatto che siano o meno dotati di onestà e virtù. L’amicizia vera, dunque, per Lelio (e per Cicerone), non può mai esaurirsi nel suo eventuale aspetto utilitaristico, perché ha un legame profondo con l’amore per la virtù, innato nell’animo umano.  

2) Lo spessore morale che Lelio/Cicerone attribuisce all’amicizia emerge fin dall’etimologia riportata all’inizio del brano (r. 1), secondo la quale il vocabolo amicitia deriverebbe da amor, che è infatti il sentimento da cui essa nasce. L’importanza dell’amore nel definire la peculiarità dell’amicizia sincera è ribadita dalle scelte lessicali dell’autore, che utilizza molto spesso il verbo amare (amandi,amant,amantur, rr. 5-6), l’aggettivo amabilis (r. 12) e vari termini utili per descrivere le molte sfumature di questo sentimento, come i sostantivi benevolentia(r. 1), caritas(r. 9) e il verbo diligere(rr. 12 e 14). Il carattere spontaneo e innato dell’amicizia sincera è affermato inoltre per mezzo dell’uso frequente disensus (rr. 5, 8, 10), “sentimento, moto dell’animo” e natura, inteso sia genericamente come “natura” (r. 4), sia col valore più specifico di “indole, carattere” (r. 9). La profondità anche etica dell’amicizia è infine evidente grazie al legame che Lelio/Cicerone stabilisce tra essa, laprobitas (rr. 9 e 11) e la virtus(rr. 9, 10 e 11), quell’“onestà” e quella “virtù” che caratterizzano gli uomini giusti e buoni, iboni viricui Cicerone idealmente si rivolge e che sono i soli capaci di stringere tra loro un’amicizia sincera, libera da interessi materiali. Lelio e il suo amico Scipione Emiliano (da poco scomparso e rievocato nel dialogo) sono il modello ideale sia di una tale amicitia, sia dellavirtus e della probitasindispensabili per realizzarla.

3)L’amicizia più antica della letteratura è forse quella tra Gilgameš ed Enkidu, descritta nel poema epico sumerico Epopea di Gilgameš; il legame si conclude tragicamente con la morte di uno degli amici, proprio come accade ad Achille e Patroclo nell’Iliadee a Eurialo e Niso nell’Eneide, che invece muoiono entrambi. Nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, Astolfo, l’amico del protagonista, si spinge fino sulla Luna per poter recuperare il senno del paladino, perdutamente innamorato di Angelica. Nella narrativa del Novecento e del Duemila l’amicizia compare molto spesso, per esempio nell’Amico ritrovato di Fred Uhlman, che racconta il legame tra due ragazzini nella Germania nazista, spezzato dai tragici eventi di quegli anni, o nel best seller L’amica geniale, di Elena Ferrante, che segue le vicende di due amiche dal dopoguerra ai giorni nostri. Persino grandi saghe fantasy come Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien e Harry Potter di J.K. Rowling mettono al centro delle loro narrazioni storie di grandi amicizie, che sfidano il male e le avversità. Da questa carrellata emerge l’importanza di questo sentimento, descritto sempre come un legame forte e durevole, importante per la crescita e la formazione degli individui, soprattutto in circostanze difficili.  

[Traduzione e svolgimento a cura di Anna Però]